“Le montagne raccontate attraverso l’illustrazione delle dinamiche socioeconomiche e le strategie territoriali che le attraversano”, si legge sulla quarta di copertina del rapporto, “evidenziando la geografia delle comunità, le loro caratterizzazioni economiche e sociali, i processi associativi in atto”.
Nato nell’ambito del Progetto “Italiae” del Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio, lo studio Uncem (Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti Montani) si concentra proprio sul rapporto tra istituzioni, movimenti e innovazioni, non tralasciando le sfide che ancora attendono i territori montani. Lo studio ruota attorno all’integrazione tra il percorso fatto finora con la Strategia delle Aree Interne e il nuovo assetto delle Green Community. Approcci – peraltro mutuati da altri paesi in Europa – che mirano a un punto fermo: il “noi”. Green community, comunità energetiche e solidali, associazioni fondiarie, cooperative di comunità, fondazioni di comunità… Queste forme di aggregazione si basano su un ecosistema non marginalizzato, contrapponendosi a un “urbanocentrismo” che invece trascura le relazioni e i servizi peculiari offerti dai territori montani.
Ne emerge un quadro di rinnovata speranza per le aree montane italiane, grazie a un inatteso ripopolamento, ferma restando la necessità di interventi mirati e strategici – soprattutto al Sud – e la necessità di politiche che investano sulla capacità delle comunità montane di costruire il proprio futuro in modo sostenibile e dinamico.
Il Rapporto in breve
In sintesi, dal Rapporto emergono alcuni elementi salienti e, per certi versi, sorprendenti.
- Inversione di tendenza demografica: aumentano gli abitanti delle montagne. Dopo decenni di spopolamento, si registra un saldo migratorio positivo per le aree montane. Si stima un afflusso di oltre 60.000 persone verso le montagne italiane, con la crescita della popolazione più marcata nelle Alpi occidentali e nell’Appennino settentrionale.
- Spopolamento e neo-popolamento. Il rapporto analizza questi due fenomeni speculari, ponendoli al centro delle strategie di sviluppo per le aree interne. Vengono riconosciute l’efficacia della Strategia Nazionale per le Aree Interne e della più recente Strategia delle Green Community come strumenti chiave.
- Calo dei flussi migratori stranieri di lungo raggio. La proporzione della popolazione straniera in montagna è quasi dimezzata rispetto al quinquennio precedente. Questo riflette una tendenza generale a livello nazionale di riduzione dell’interesse verso l’Italia da parte dei flussi migratori.
- Montagna a due velocità. Nonostante il dato positivo, il rapporto evidenzia anche una frattura geografica. La crescita demografica si concentra principalmente nelle montagne del Nord e Centro Italia. Le aree montane del Sud continuano invece a essere a rischio di spopolamento e desertificazione.
- Centralità dei servizi e delle infrastrutture per il rilancio. Il rapporto sottolinea l’importanza di investire in servizi pubblici essenziali, colmare il divario digitale, sostenere le economie locali. Viene ribadita la necessità di rafforzare lo sviluppo sostenibile e dare centralità alle comunità, fondamentali per il futuro della montagna.
- Una legge nazionale migliore e sostegno alle associazioni fondiarie. Uncem punta sulla necessità di superare la frammentazione fondiaria attraverso il potenziamento delle relative associazioni. Viene invocata un’azione nazionale per contrastare l’abbandono delle terre e agevolare la compravendita di terreni agricoli.
E’ dunque necessaria una solida sinergia tra amministrazione centrale ed enti locali, il che deve andare oltre la mera applicazione del DDL Montagna. L’imminente riforma del Testo Unico degli Enti Locali richiederà ulteriore collaborazione per rispondere alle esigenze specifiche dei Comuni montani, con dinamiche ben diverse da quelle delle grandi città. Parallelamente, è cruciale incentivare e sostenere le associazioni dei Comuni al fine di potenziare la governance locale, alleggerire le amministrazioni dal fardello di una burocrazia spesso schizofrenica e permettere loro di dedicarsi pienamente alla gestione del territorio.
Accessibilità come chiave per contrastare lo spopolamento
La densità insediativa dei 3471 comuni montani classificati è in media di 60 abitanti/Km2, contro una media nazionale di 200. Resta il fatto che questa media nasconde significative disparità interne ai territori montani stessi. Ne deriva la necessità di individuare indicatori chiave per rendere fruibile il diverso potenziale dei Comuni.
Da questo punto di vista, bisogna superare l’approccio isolazionista – che considera ogni comune a sé – e adottare invece una visione sistemica che tenga conto delle relazioni dinamiche tra i vari insediamenti, valorizzando la mobilità e l’accessibilità come parametri chiave di un’economia fruibile. Il fattore “accessibilità” risulta essere un indicatore fondamentale per misurare i caratteri di un insediamento. In altri termini, la quantità di popolazione raggiungibile entro un dato intervallo spazio-temporale (circa 30 minuti). Una misura che non solo indica il potenziale demografico di un luogo, ma che suggerisce anche le dimensioni del mercato del lavoro e dei servizi a cui può accedere la sua popolazione. Se si considera una soglia di 100.000 abitanti raggiungibili in 30 minuti, 679 comuni montani (19,6%) confermano una correlazione tra alta densità e alta accessibilità.
Le maggiori concentrazioni ad alta accessibilità si trovano lungo l’arco pedemontano lombardo e piemontese e lungo il fondovalle dell’Adige nelle Province Autonome di Bolzano e Trento. Queste tre regioni ospitano il 62,6% dei comuni montani ad alta accessibilità.
Tuttavia, l’analisi evidenzia anche i territori più penalizzati, qualificabili come ultraperiferici, dove le condizioni di vita quotidiana e l’erogazione dei servizi richiedono modelli organizzativi originali, molto diversi da quelli urbani, per contrastare l’abbandono e il declino demografico.
Nello specifico, 512 comuni montani (14,8%), che coprono il 20,4% della superficie montana italiana, presentano un’accessibilità estremamente bassa, con meno di 10.000 abitanti raggiungibili in 30 minuti e una densità di soli 16 abitanti/ km². Questi dati sottolineano le gravi difficoltà di queste aree “oltre la soglia”, rendendo urgenti politiche regionali e nazionali contro lo spopolamento.
Considerando anche i comuni non ultraperiferici ma con meno di 50.000 abitanti accessibili, si scopre che il 60,8% dei comuni montani presenta condizioni strutturali di perifericità, richiedendo quindi un’attenzione particolare da parte delle politiche pubbliche territoriali.
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